

I dodici metri quadri di “appartamento” in cui vivo da quasi 7 mesi non fermano il mio Tamron 18-200, che si spinge fino ad Osaka, sull’orizzonte.
Qui in Giappone non è costituzionalmente legittimo attuare un “lockdown” completo, sebbene molti negozi siano chiusi e si inizia ad attivare lo smart working, ma, più in generale, vedo che il senso comune è molto forte e sempre meno persone escono di casa, se non per fare la spesa o per andare a lavoro.
Diverso è il discorso per alcuni studenti internazionali, che continuano imperterriti a viaggiare e spostarsi, non consapevoli di poter essere asintomatici, ed eventualmente di contribuire alla diffusione del virus, colpendo le persone più vulnerabili. Io faccio del mio meglio e da fine febbraio ho deciso di stare a casa, con le mie meravigliose scorte di pasta Divella e fagioli borlotti (che, non te la fai la pasta e fagioli in Giappone?), senza dimenticare la scorta quinquennale di cipolle (quelle non mancano mai).
Io resto qui, a scrivere la mia tesi, ad ascoltare “Il Ruggito del Coniglio” a orari improbabili e a ballare con la musica a tutto volume, come se non ci fosse un domani (povera la mia vicina).
Dal Giappone, stay home, stay strong.
C.